Se non avete mai pensato di poter acquistare (e leggere) un libro che porta
l'espressione multilevel marketing nella copertina, vi siete sbagliati.
Quell'espressione nasconde un mondo, quello del capitalismo fai-da-te dell'era internet, del quale un volumetto da poco arrivato in libreria -
«Piramide d'oro», sottotitolo: «Realtà e miti del multilevel marketing»,
autori Roberto Giovannini e Davide Orecchio (Avverbi edizioni) - dà un ricco
spaccato economico, giudiziario, politico, sociale. Sintetizzato nell'introduzione di Paolo Leon: «Questo libro insegna una cosa che
sapevamo, ma che abbiamo dimenticato: ogni attività volta al profitto nasconde un possibile inganno». Ovvero: gli animal spirits di smithiana
memoria visti in azione nel pieno della bolla speculativa dei `90, quando
bastava mettere un suffisso «e» o @ su una scatola vuota, costruirci intorno
una catena di Sant'Antonio e venderla porta a porta per conquistare fama e
miliardi. Che cos'è il multilevel marketing? Un sistema di vendita diretta,
nel quale i venditori raggiungono i potenziali consumatori nelle loro case e
uffici. La particolarità sta nel fatto che il consumatore è chiamato a
diventare a sua volta venditore. E ogni venditore guadagna non solo in percentuale di quello che ha venduto, ma anche sulla rete degli altri
livelli di venditori che ha organizzato. Per cominciare, bastano pochi euro
e un kit di vendita; spesso il prodotto da vendere è quasi fittizio, è
l'ingresso nel club (l'abbonamento a una rivista, una carta che dà diritto a
una serie di sconti) e il vero affare sta nell'allargamento della rete;
altre volte - come nel più famoso caso italiano, quello di «Freedomland» -
il prodotto è la promessa di un business, nello specifico lo sviluppo della
web-tv. Ma al di là dei meccanismi finanziari che hanno portato allo sviluppo del
multilevel marketing e alle sue tante crisi, quello che emerge dal libro è
la straordinaria carica fideistica che ha nutrito tutte queste reti: la fede
nel fondatore dell'impero (che diventa un guru), che spesso sopravvive al
suo crollo, ma soprattutto la fede nella possibilità di diventare ricchi,
ricchissimi, partendo da poco, anche dal nulla. Si tratta di persone che a
volte hanno lasciato il proprio lavoro (a bassa retribuzione) progettando di
guadagnare cifre astronomiche e mettendosi a «lavorare» a tempo pieno,
pienissimo: un venditore porta-a-porta lavora in ogni minuto della sua giornata, anche a cena dalla zia. Hanno perso molto, a volte tutto, e in
molti ancora pensano di essere vittime di un sistema che li ha respinti.
Mentre invece sono vittime, oltre che del proprio truffatore, di un apparato
di controlli - banche sponsor dei collocamenti in borsa, autorità di vigilanza sulla borsa stessa, ma anche stampa economica specializzata e
finanza «tradizionale» - che ha chiuso occhi e orecchie. Del resto, se
certificatori e revisori non sorvegliavano le truffe gigantesche di Enron e
Worldcom, perché mai avrebbero dovuto fare gli arcigni sulle truffette
fai-da-te?
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