Prendi i soldi e scappa

di Stefano Iucci
Rassegna Online
22 novembre 2002


Gli antichi faraoni costruivano nude piramidi per nasconderci dentro i corpi e tesori. I moderni faraoni del commercio, invece, rivestono d'oro le loro piramidi di cartapesta, fatte di niente, di promesse mirabolanti e investimenti sicuri che rovinano nel nulla. È lo schema del multilevel marketing, che spiegano Roberto Giovannini e Davide Orecchio (Piramide d'oro. Realtà e miti del multilevel marketing, Avverbi, 10 euro): dal pioniere (Carlo Ponzi, un emigrato italiano, noto falsificatore) fino ai fasti del protagonista di questi anni: Virgilio Degiovanni, in arte Degio. 

Ma cos'è il multilevel marketing? Si tratta di una versione aggiornata dello schema classico della vendita diretta: un commercio di beni o servizi offerto direttamente, senza mediatori, al consumatore. Che, con il semplice pagamento di una quota, acquista il diritto di commerciare i prodotti acquistati o i servizi utilizzati. La novità, in questo caso, è che l'acquirente diventa a sua volta venditore o procacciatore di venditori. In uno schema a piramide, appunto, in cui il venditore non guadagna soltanto dal prodotto che riesce a piazzare tra amici e conoscenti, ma incassa una provvigione anche sui prodotti venduti dai procacciatori da lui reclutati. 

Più si vende, più si arruola e più si sale in questa metaforica piramide. Ma fino a che punto? È questo il problema e, da questo punto di vista, l'analisi di Giovannini e Orecchio è illuminante. Intanto, va segnalato che il sistema sconta delle ambiguità oggettive, quelle che appunto tengono i meno sprovveduti alla larga dai Degiovanni di turno: innanzitutto, la vendita (e dunque la qualità effettiva del prodotto) conta alla fin fine meno della capacità di coinvolgere altri procacciatori. Cioè: non si tratta tanto di convincere qualcuno della bontà del prodotto che acquista, ma di invogliarlo con la possibilità che lui stesso, allargando ancora la rete, potrà guadagnare parecchio. È un'ambiguità di fondo: cosa sta vendendo, realmente, il venditore multilevel? Un prodotto, o un'occasione, una speranza? 


Non solo: il sistema utilizza tecniche di comunicazione tipiche delle sette o dei movimenti religiosi-culturali, crea falsi sensi di appartenenza a un gruppo animato dallo stesso obiettivo e solennizza questi legami in convention di massa in cui i leader della rete, i venditori più abili, vengono osannati e celebrati. D'altro canto il sistema, e questo spiega il suo relativo successo, ha anche un suo indubbio appeal: bastano pochi euro, un piccolo kit di vendita e nessun investimento per sognare di diventare imprenditori di se stessi. 

Comunque, ci dicono i due giornalisti, il multilevel è una tecnica e le tecniche non sono mai (o quasi mai) buone o cattive. Il punto è allora un altro: visto che si promette ricchezza, bisogna valutare se questa ricchezza arriva o no. Ebbene, dai dati delle stesse aziende si scopre che gli "adepti" guadagnano in media trai 200 e i 300 euro al mese; soltanto lo 0,001 per cento arriva alla ricchezza promessa. Come svela Ennio Peres in una densa appendice matematica, in effetti, arricchirsi è molto difficile: le catene s'interrompono molto presto, con buone probabilità per molti di non rientrare neanche dei soldi investiti.

Proprio su queste interruzioni s'innestano le truffe: le piramidi finanziarie albanesi che nel 1997 caddero travolgendo i 225.000 adepti che avevano affidato loro i propri soldi. O il caso, in Italia, di Alpha Club, diventata nel 2000 il secondo sponsor della Juve, «che nel giro di pochi mesi ha conquistato la fiducia di 60mila persone disposte a versare 7 milioni e 200mila lire per poter accedere ai servizi, a tariffe scontate, di un club internazionale di viaggi e vacanze»; quello stesso anno tutto il vertice di Alpha Club è finito in galera.

Nella sua introduzione, Paolo Leon ci invita a non sottovalutare la lezione che arriva dal multilevel: «Il mercato internazionale dei capitali, ad esempio, ha legittimato la vendita di titoli azionari e obbligazionari cui non corrisponde altro che un'aspettativa fondata sulla speranza di moltiplicare le vendite degli stessi titoli (e perciò a prezzi crescenti) a un numero sempre nuovo e maggiore d'investitori. Quando il guadagno deriva da un tale meccanismo, la regola del gioco favorisce i promotori che partecipano fin dall'inizio e che sono in grado di fuggire un minuto prima dell'inevitabile crollo». A quel punto, la rovina colpisce tutti gli altri.