Lo sbaglio più grosso di
Mirco Eusebi, dicono in tanti, è stato quello di picchiare e
maltrattare in modo esagerato i suoi "promoter" nel corso dei
"corsi di formazione per manager" che Tucker - il multilevel
che distribuiva i mitici tubi risparmia-energia - organizzava nel
cascinale in Umbria. Se non avesse troppo calcato la mano con botte e
umiliazioni ai danni dei malcapitati distributori, Eusebi non avrebbe
avuto i problemi giudiziari che ha oggi, come il clamoroso arresto e
l'accusa di violenza privata. Sarebbe finita come sono finiti in questi
ultimi mesi altri schemi di distribuzione multilivello, a cominciare da
Alphaclub e Crs Network: un sacco di polemiche, prese in giro sui
giornali, irridenti servizi in televisione, un po' di seccature
giudiziarie senza gravi conseguenze, e la solita lunga lista di
"distributori" truffati e senza nessuna possibilità di
recuperare i loro danari. Nel corso del viaggio nel mondo del
multilevel e delle Catene di Sant'Antonio che chi scrive e Davide
Orecchio ha tradotto nel libro "Piramide d'oro; Realtà e miti del
multilevel marketing" (edito da Avverbi, 10 euro), di storie come
quelle di Tucker ne abbiamo incontrate tante. E il meccanismo di base e
l'apparato per così dire ideologico e iconografico fondamentalmente è
sempre lo stesso. E funziona.
Primo, un imprenditore "carismatico", in grado di convincere
e motivare anche i più dubbiosi col suo "magnetismo" nel
corso di affollatissime "convention" in cui illustra il
"Sogno" che renderà ricchi. Secondo, un prodotto
"miracoloso", che "si vende da solo" grazie alle
sue qualità eccezionali. Terzo, il sistema di distribuzione basato
sulla rete e sul passaparola, che permette sulla carta anche ai più
inesperti di guadagnare: vendendo il prodotto, ma anche e soprattutto
grazie alle vendite effettuate dalle persone che a sua volta il
promotore recluta. Servono sempre nuovi adepti: familiari, parenti,
amici, colleghi. Quarto, il continuo ricorso alla
"formazione", con sempre nuovi corsi da frequentare per
salire la gerarchia della rete e per vendere di più, quasi sempre a
pagamento. Quinto, una ideologia basata sulla ricchezza e sul successo
come unico valore di riferimento, in cui la Rete (dal leader ai
distributori che hanno appena iniziato) è vista come una via di mezzo
tra una famiglia guidata da un Grande Padre, un partito bolscevico
degli anni trenta col culto del Capo, una fede religiosa (meglio, una
setta) guidata da un Pontefice Massimo infallibile. Una Rete che
promette la ricchezza, certo, ma anche e soprattutto relazioni
"forti"; in cui "fallisce" solo chi non crede nel
Messaggio, e dubita. In cui se qualcosa va storto, è sempre colpa di
(in ordine sparso): concorrenti invidiosi, poteri forti, magistratura,
giornali e giornalisti, nemici della libera impresa, scettici
oppositori mai costruttivi e dediti solo a demolire. E se tutto ciò
ricorda un certo Presidente del Consiglio italiano, non è per niente -
ma proprio per niente - un caso. Ed è più o meno la stessa anche la
parabola di queste reti multilevel. Il lancio, il successo, la crescita
impetuosa e i primi consistenti guadagni; il tentativo di consolidare
il successo, conquistando credibilità. Poi i primi dubbi, le
incertezze, e via lungo la china che conduce al crollo finale: qualche
noia giudiziaria (ma non sempre) per gli ideatori, nessuna possibilità
di recuperare un soldo per chi ha investito danaro, tempo e lavoro. Con
l'eccezione, fin qui isolata, delle grandi catene multilevel americane,
Amway ed Herbalife, che anche se non appaiono in ottima salute
continuano a macinare vendite ed adesioni. Imprenditori carismatici
sono ed erano Virgilio Degiovanni, il fondatore di Millionaire,
Freedomland; Giorgio Mendella, che costruì un piccolo impero aziendale
chiedendo "mutui" ai risparmiatori; Mark Hughes, l'inventore
di Herbalife, morto per un cocktail di alcool e antidepressivi.
Prodotti miracolosi sono (o sembrano) i detersivi di Amway, i buoni
sconto di Crs Network, le polizze assicurative e pensionistiche di Star
Service International, il frappè che fa dimagrire e "riattiva i
villi intestinali" di Herbalife, e naturalmente il tubone di
Tucker, che riduce i consumi di carburante e azzera le emissioni
inquinanti. La via per conquistare la credibilità, curiosamente è
spesso stata il calcio: Mendella fu sul punto di comprare il Torino e
la Fiorentina, Alphaclub sponsorizzò la Juventus, Tucker entrò nel
lotto degli sponsor della Nazionale. Degiovanni si quotò sul mercato
di Borsa, sempre Eusebi fece uscire articoli elogiativi su Panorama. Di
"formazione" vivono, con i suoi corsi di "Firewalking",
e SSI/Bayerische, che impone - all'insegna del motto "se non ti
formi ti fermi" - i costosissimi "corsi Futus". Ai corsi
di Firewalking, la gente va, pagando, ed esce contenta e
"caricata"; Eusebi ha scelto un'altra strada, e adesso è nei
guai. Certo è che in Italia fenomeni del genere si ripetono
periodicamente, e non esiste di fatto una legge che tuteli in qualche
modo consumatori, aderenti e cittadini. C'è chi sostiene che di fronte
a casi come quello di CRS Network non c'è legge che tenga: chi
consegna i suoi sudati risparmi a una società che promette di
restituirli con un interesse del 275 per cento, forse, merita davvero
di perdere tutto. E c'è anche chi dice che le tecniche di motivazione
a cavallo tra setta e umiliazione ormai stanno diventando una prassi
"normale" anche per le aziende convenzionali: in fondo, anche
Enel e Telecom spediscono i propri manager in sperduti cascinali per
"motivarsi e interagire come gruppo", e sempre più spesso
anche ai lavoratori si chiede una "adesione alla mission
d'impresa", se non vogliono guai...
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